Shady Saleh l’aveva deciso durante la notte: sarebbe andata a rivedere la casa in cui era nata e nella quale aveva trascorso i suoi primi vent’anni. Una vita non di rose e fiori, ma forse migliore di quella di tante altre ragazze della sua età, non foss’altro perché lei a quella vita si era opposta. La casa era a Burqa, uno dei cinquantasei villaggi del governatorato palestinese di Nablus, occupato dei militari israeliani nel corso della guerra dei Sei Giorni. A quel tempo Burqa aveva poco più di duemila abitanti ed era un villaggio che viveva tranquillo di fichi, olive e anche saber, i fichi d’India, ma questi rendevano di meno perché si trovavano dappertutto e non costavano nulla, se non un po’ di spine delle mani.
La madre le aveva raccontato più volte che tutto era successo all’improvviso. Era l’ora della salāt alzuhr, la preghiera di mezzogiorno, quando si avvertirono gli scoppi delle prime bombe di mortaio lanciate contro chissà quale obiettivo. Il caos era stato immediato, le urla sempre più alte, la gente fuggiva in ogni direzione, come formiche impazzite cacciate via dai loro formicai: ognuno andava verso un posto dal quale un altro era appena scappato. In quel jahannam, inferno, le finestre venivano chiuse come fosse notte, incuranti del fatto che contro un colpo di mortaio nulla avrebbero potuto. Alcune persone avevano bambini in braccio, altre fagotti sulla testa, un uomo serrava al petto una capretta. Poi erano arrivati i militari israeliani e, armi in pugno, avevano imposto di lasciare la casa.
Vite sul fiume
€14.00Se pensiamo che alcune professioni ormai sparite siano molto lontane da noi, ci basterà soffermarci lungo le rive del fiume Piave: con un po’ di fortuna, ci sarà possibile vedere Matteo, Alvise, Albino, Francesco, Alfredo e i loro compagni zattieri mentre conducono il legname a Venezia.
Uomini forti e coraggiosi che fino agli inizi del Novecento hanno solcato le lunatiche acque della Piave per guadagnarsi da vivere e la cui storia non ci sembrerà più così lontana dai nostri tempi.