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L’uomo senza patria

La storia di Vincenzo, classe 1922, potrebbe essere quella di uno dei tanti italiani emigrati con la famiglia in Belgio all’inizio degli anni ’20.

La sua già dura vita viene stravolta dagli eventi che precedono il secondo conflitto mondiale.

Vincenzo viene trascinato nel turbine della guerra che coinvolge i paesi ai quali si era illuso di appartenere per nascita o per adozione.

L’autore raccoglie con grande sensibilità i lucidi ricordi di un Vincenzo già ultranovantenne dando alla trama la cadenza di un film d’azione.

Un racconto di sorti alterne, di passioni, di coraggio e di riscatto; la narrazione di una vita vissuta intensamente, anche qualche ricordo da tenere gelosamente celato: “Sulla mia guerra non ti ho detto proprio tutto… Non ho potuto!”

Autore: Pagine: 112 Categoria:
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Sono nato a Pieve d’Alpago, in provincia di Belluno, il 4 marzo 1922. Ho pochissimi ricordi della mia infanzia italiana, dato che a soli quattro anni la mia famiglia si trasferì in Belgio presso un paese a pochi chilometri da Liegi. Ricordo vagamente una giornata trascorsa con il nonno materno: mi portò con lui in una zona in quota, sul monte Dolada, dove si era costruito un ricovero, una specie di piccola baita. Andammo lassù per falciare l’erba che sarebbe servita per integrare le scarse scorte di fieno per l’unica mucca che teneva nella stalla. Ero molto felice perché il giorno prima mi aveva costruito una piccola falce. Il nonno era un ottimo artigiano. Con le mani sapeva fare di tutto, sia lavorare il legno sia i lavori a forgia, da cui aveva fatto nascere appunto la mia piccola falce.

A quel tempo mio padre faceva il mugnaio, ma il ricavato del suo lavoro era piuttosto scarso. Per sfuggire alla miseria, che in quegli anni imperversava nel bellunese e in tutte le campagne d’Italia, decise di emigrare in Belgio andando a lavorare in una miniera di carbone. Quello che trovammo là però, se non era miseria, era qualcosa di molto simile.