La casa dei White era ancora illuminata, nonostante il vento che spirava dalla costa portasse con sé la voce soporifera della notte; una voce che era la nenia dolce del mare, il suono delle onde infrante sulla spiaggia, il bubbolio del temporale, lontano eppure vicino, le grida delle navi giunte in porto dopo aver seguito per miglia la luce incerta e pudica del faro, una torre bianca abbarbicata alla più alta insenatura di Blackdale come un fiore su una vecchia roccia innevata.
Nora osservava sua madre, stretta in un vestito a pois rossi, fluttuare nella cucina spaziosa. Era bella sua madre: anche quando tuffava le stoviglie sporche nella schiuma del detersivo per piatti o spazzava per terra, lo faceva con la grazia degna di una principessa delle fiabe. Lucy era bionda e portava i capelli cotonati. Aveva un sorriso solare e odiava le cose strane. E di cose strane, a Blackdale, ne succedevano un bel po’ ultimamente. Quella sera, Lucy aveva invitato la sua cara amica, l’onnipresente ed onnisciente Nancy Robinson, proprio per raccontarle i suoi crucci. Aveva scoperto dettagli che non avrebbe mai creduto possibili.
Nancy era un po’ l’opposto di Lucy e a Nora proprio non piaceva. Era troppo pettegola e chiacchierona e aveva la voce nasale di chi si è preso un bel raffreddore fuori stagione.